Questa intervista di Silvia Gorgi è stata pubblicata l' 11 novembre 2007 su Padova News.
Ci puoi parlare del tuo nome e delle tue origini?
Da quel che ne so il cognome è di origine ebraica, un gruppo di quella famiglia si è trasferito in Sardegna all’epoca del nazismo per stare al sicuro dagli attacchi antisemiti. Dopo si trasferirono verso l’Italia del nord, e probabilmente il cognome ha perso l’acca nella traslitterazione italiana. Mia madre e mio padre si conobbero comunque in Germania per lavoro, per questo mi misero nome Gisela con una sola L e con la G pronunciata dura “Ghiséla”. Poi mio padre non lo rividi mai più da quando avevo pochi anni - e mia madre era poco presente in un andirivieni da Monaco a Vicenza; so di me quello che mi sento raccontare. A volte per ricordarmi di me devo guardare la carta d’identità.
Qual è il rapporto con la città in cui sei nata, Vicenza, e quello invece con la città che hai eletto per vivere, Modena?
Per me la vita vera è cominciata a Modena, mi sono, come dire, disintossicata da quella Vicenza che porto più nel fegato che nel cuore. Non ho un buon ricordo del paese veneto dove ho vissuto fino ai 17 anni, anche se nella stessa provincia di Vicenza ho degli amici carissimi, il mio primo fidanzato ad esempio. C’è troppo bigottismo, ipocrisia, non c’è un vero amore per la cultura. Mi sembrano troppo schiacciati dalle loro stesse vicende provinciali, in gran parte della Vicenza che ho conosciuto, parlo pur sempre di paesini piccoli, le chiacchiere diventano la loro ragione di vita. Forse è una realtà che si verifica in ogni periferia, ma lì di sicuro molto di più rispetto a quella emiliana, mettendole a confronto.
Il tempo trascorso durante la tua infanzia ed adolescenza a Vicenza che ricordi ti ha lasciato, come lo descriveresti?
Sono stata molto sola nell’infanzia, son cresciuta praticamente grazie al mio nonno materno – l’unico del quale abbia un ottimo ricordo in famiglia. Nella contrada dove abitavo ero l’unica bambina, gli altri erano tutti maschietti, ed io ne soffrivo, mi facevano sentire inferiore; avrei voluto essere maschio anch’io. Poi crescendo le cose sono cambiate, ho sempre avuto addosso un pesante senso di solitudine e malinconia, ma capivo che essere una ragazza poteva avere anche dei vantaggi. Ho anche avuto dei bei momenti, sempre grazie al mio fidanzato di allora, che abitava in un paese a 10 km dal mio, Arsiero! Aver incontrato lui è stata una prima salvezza, mia madre era reduce da quegli strascichi della Germania post ’68 e con tutto l’impegno che ci può aver messo, non era certo la madre più attendibile, Christian era invece un ragazzo a postissimo, mi teneva alla larga da compagnie dannose ed eventuali sbandate. Allora andavo molto in discoteca dai 13 ai quasi 16 anni. Mi divertivo, avevo sempre un sacco di ragazzi attorno, mi divertivano e mi piaceva che fosse così! Ci rideva su anche quel mio fidanzato, ed eravamo complici - forse pure lui allora, con la sua assenza di gelosia, e compiacimento nel vedere la propria donna piacere ad altri ed esserne fiero - ha contribuito alla mia disinibizione.
Nel libro spesso nel raccontare episodi di incontri erotici con protagonisti veneti usi nei dialoghi il dialetto… resti legata al territorio in cui sei nata?
Uno probabilmente resta legato anche se non vorrebbe ad un posto d’origine. Il dialetto veneto è ciò che più di antierotico esista nel sesso secondo me, poi detto da una donna, da una bella donna ti fa cascar le braccia (sempre meglio di quello meridionale comunque). Però è divertente, sarà che ormai sono più di dieci anni che vivo in Emilia e ogni volta che ho a che fare con un veneto mi pare di entrare in un’altra dimensione - i veneti fanno sempre una gran fatica a parlare in italiano, come se fosse una lingua estranea, straniera - come fosse parlare inglese, mi fa sorridere; è una realtà che è anche tra i giovani, a differenza di altre province o regioni dove il dialetto è ormai solo territorio dei più anziani, o come un racconto. In quel paese di Vicenza che è poi Valdastico ci torno raramente; son andata al cimitero nella prossimità dei giorni dei morti, sulla tomba di famiglia di solito non ci sono mai fiori; quel giorno ce n’era un vaso di sciapiti. Quell’immagine è il corrispettivo di tutto quello che la mia famiglia era anche quando era viva. Perdere qualcosa che si era già perso non fa un gran dolore. E’ solo una conferma del nulla. E’ stata la cosa migliore che potessi fare andarmene via. Non avevo nulla da perdere.
Come è nata l’idea del libro “La ragazza definitiva”, il tuo primo romanzo, visto che prima hai scritto il saggio su Ciampi?
Il libro su Piero Ciampi è nato per vero amore per questo meraviglioso cantautore poco noto, scrivere quel libro è stato un istinto, e gli istinti hanno una loro direzione che è fatica da spiegare, è così e basta. Dopo l’innamoramento artistico, e dopo qualche tempo che questa “conoscenza” si è sedimentata e assimilata con la certezza che non fosse solo un abbaglio, avevo voglia di sapere da dove nascevano quei versi, come viveva Piero Ciampi per poter dire determinate cose; la strada migliore per andare a fondo nella vita di una persona, non credo sia quella di sentire la critica, ma proprio ascoltare gli amici, chi l’ha vissuto, “chi lo ha avuto sulla pelle”. Dall’uomo possiamo capire molte cose dell’artista, a volte è più indicativo sapere come fa colazione una persona, cosa beve prima di andare a dormire che andare ad analizzare le sue costruzioni sintattiche… L’avere a che fare con molte persone per costruire la sua biografia, mi ha fatto elaborare molti pensieri, e assieme alle esperienze come modella, mi son resa conto che anche se si tratta di cultura letteraria o di fotografia, per molti uomini l’ ”obiettivo” è sempre unico… la rabbia, per questo farti sentire sempre in credito e l’idea di una giustizia tramite un romanzo mi pareva il minimo che potessi fare… Poi i due libri non son del tutto slegati a dire il vero, c’è pure molta nostalgia ne “La ragazza definitiva”, c’è il senso dell’ abbandono, l’essere passivi nel mondo del sesso in fin dei conti – la persecuzione della morte, salvata forse dall’ironia – poi ricordo sempre certi cantautori ai quali sono legata; da pochissimi giorni è uscito anche un libro edito Rizzoli-Bur su Luigi Tenco intitolato “Il mio posto nel mondo”, dove scrivo un commento riguardo a una sua canzone. Lui è un altro grandissimo, assieme a De Andrè naturalmente e Mia Martini per me maestri.
Che ne pensi della scelta di Castelvecchi di puntare sulle lolite, su scrittrici che parlano di sesso?
Sai, oggi c’è uno sguardo attento a ciò che può far vendere, più che alla qualità letteraria. Il libro oggi è un prodotto, come fosse al supermercato, in alcuni posti i libri li vendono al chilo, è un’idea per capire come siamo ridotti. Alberto Castelvecchi è una persona estremamente acuta, di una cultura incredibile, talmente intelligente da diffidarne; ha una capacità di analisi profonda; ma non basta parlare di sesso per vendere. Sai quanti parlano di sesso? C’è da stancarsi - dipende anche il modo in cui lo fai, ma, per il lettore - questo naturalmente passa sempre in secondo piano. Quando parli di sesso, lo stile pure se buono passa in secondo piano, è un errore grossolano. Del resto inevitabile. Un editore di una grande casa editrice mi dice “bisogna dare la sensazione che un libro lo avrebbe potuto scrivere chiunque, perché il pubblico che fa vendere, è un pubblico di non – lettori”. Capito? Oggi si ragiona in questi termini, per cui anche dietro a un lavoro idealmente semplice, come può sembrare quello associato ad un libro scritto in “lingua parlata”, a volte c’è un grosso lavoro, per arrivare più in semplicità. Per tornare a Castelvecchi è uno forte, ma non è una casa editrice immensa, quindi pondera molto le scelte che deve fare – e vedendo il riscontro di Pulsatilla, ha cercato di andare dietro quest’onda, e ha fatto bene dal suo punto di vista. Dopo i “Cento colpi di spazzola” il terreno si è spianato alle scrittrici “disinibite”, vedremo quale sarà il prossimo giro di boa. Credo che ormai questo delle scrittrici che parlano di sesso sia comunque un territorio abbastanza battuto, forse la gente si sta anche stancando, ma finché ne parlano male, significa che si vende.
Sai quanto sta vendendo il tuo libro, e come sta andando rispetto a “La ballata delle prugne secche” o a “Sdraiami”?
Ha una buona media giornaliera, attorno alle 30 copie da quel che so, anche a distanza di vari mesi dall’uscita ufficiale, quindi è un libro che tiene più sul quotidiano che sul clamore immediato, non posso lamentarmi. Credo sia una cifra comunque distante dalla “Ballata delle prugne secche”; “Sdraiami” di Berarda Del Vecchio so che sta pure andando molto bene.
In cosa pensi di differenziarti da Melissa P. e dalla catena di altre scrittrici che stanno avendo un certo riscontro grazie all’argomento che trattano, il sesso? L’etichetta di scrittrice di fetish ti pesa o ti ritrovi perfettamente in questa definizione?
Mi sembrerebbe meglio chiedere cosa c’è in comune con Melissa. Comunque il paragone che spesso viene fatto, è a causa della pigrizia mentale dei recensori. Non è che se io parlo di sesso e un’altra persona parla di sesso e un’altra persona ancora parla di sesso ecc, dobbiamo avere da spartire delle cose in comune. Sarebbe come dire che la vita in ogni persona è in comune con la vita di un’altra persona che magari manco conosce, solo perché è in vita - il sesso, come il mangiare fa parte della vita di ognuno, e ognuno avrà il proprio modo di vederlo e di gustarlo, o no. Faccio sempre l’esempio della beat generation: non è che basta essere degli scrittori alcolizzati per rientrare nella beat generation. Chi mi associa al fetish forse non ha letto il libro, ne parlo in un capitolo su ventisei, quindi… tra l’altro prendendolo un po’ in giro… uomini che amano farsi tirare i calci nella palle, amanti di essere calpestati da donne su tacchi a spillo, amanti del latex, frustini, bondage, ecc; sì, mi divertono, appunto mi divertono, non mi eccitano queste fantasie, che sono lecite, e non c’è nulla di male nel praticarle; ma appunto per me sono solo spunti narrativi. Poi le associazioni elementari purtroppo però esistono, e dato che faccio la modella… Manca troppo il senso dell’ironia al mondo, e a Dio non ne parliamo, è davvero scarso.
Quali sono i tuoi scrittori preferiti? Pensi di trarre ispirazione da qualcuno di questi?
Thomas Bernhard è il mio scrittore preferito se proprio devo dirne un nome, ma l’imprinting iniziale è stato di Dino Buzzati, poi ha influito moltissimo Cesare Pavese, poi Albert Camus con “La caduta”, Dostoevskij con “memorie del sottosuolo”. Ne ”La ragazza definitiva” ho subito l’influenza di Paolo Nori, uno scrittore emiliano che mi piace moltissimo. Poi molti altri, ma non mi va di fare un elenco tropo lungo, come farebbero certi professorini.
Quali sono le tue passioni, oltre alle foto ed alla scrittura? A cosa aspiri?
Aspiro a vivere se non bene, decentemente. Sarebbe già molto.
Perché sei attratta dal mondo del fetish e ti fai ritrarre in foto legate a questo modo? Sembri interpretare con ironia un ruolo in cui non credi del tutto…
No, no, io non sono attratta dal mondo fetish. Mi piace al limite l’immaginario pin-up anni ’50; poi sì, son un po’ esibizionista, e mi piace essere fotografata, ma il resto lo faccio per soldi. Come un qualsiasi altro lavoro. Come chi deve alzarsi tutte la mattine alle 7.00 per andare in fabbrica a saldare, o a preparare la colazione negli alberghi. Solo che con meno fatica si guadagna di più. C’è però tutta l’ipocrisia legata al fatto che guadagni tramite il tuo corpo, e quindi ti mettono in croce: se non ti fai il culo sei un perdigiorno, non sei perdonabile, non sei rispettabile – dà pure fastidio che una donna abbia un’autonomia di qualunque genere - retaggio cattolico, normale, ma ci sono abituata. Non sarei nemmeno contro la prostituzione (naturalmente come scelta completamente libera), tutto sta ad essere coerenti con la propria moralità. Ma fin lì non mi spingo nemmeno io.
Nelle foto che fai c’è un limite che tieni, non vai oltre una certa soglia, ti sentiresti di valicare quel limite o non ti interessa e non lo faresti mai?
Dipende dai momenti che vivo e dalla cifra che mi offrono naturalmente. Escluderei scene estremamente pornografiche, ma più ancora simulazioni di snuff movie.
Ti interessa il cinema, ti vedresti in veste di attrice? Se un regista come Tinto Brass ti chiamasse accetteresti?
Brass me l’ha già proposto anni fa di fare una parte. Ma non mi interessa, è caduto in rovina Brass con l’età, i suoi film non valgono nulla ora secondo me. Mi piace il genere horror, mi diverte, sì quello mi piacerebbe. Ma non mi sento di avere troppe ambizioni in ambito cinematografico… Una pecca che invece mi porto dietro è non saper suonare nemmeno uno strumento, e avere una voce non adatta al canto. Amo la musica.
Il tuo esibizionismo non ti ha mai posto problemi di pudore? non ti vergogni di mostrare il tuo corpo, da questo punto di vista sei un esempio positivo per le donne perché come ragazza carina e non bellezza mozzafiato o perfetta, ti accetti come sei. Non ti rifai il seno o altro, mostri una certa sicurezza nel poter conquistare esattamente per come sei. Tu che ne pensi della necessità che pare esserci nelle donne invece di rifarsi continuamente per piacere?
Perché dovrei? Appunto per me è una cosa del tutto naturale, anche la nudità, la disinvoltura avviene proprio per mancanza di malizia. Chi inizia a fare la modella, è spesso perché vuole sentirsi piacente, perché ha forse anche delle insicurezze, ha paura di non piacere abbastanza e quindi cerca un consenso “pubblico”. Molte bellissime spesso non ci pensano neppure. Dopo un po’ che fai la modella, ti rendi conto che qualsiasi ragazza carina, ma non eccezionale potrebbe fare questo lavoro; sempre sia concorde al suo senso di pudore, ma non servono chissà che requisiti, se non quello di sentirsi a proprio agio di fronte a un obiettivo, e sapersi districare tra i vari marpioni… quindi anche saper dire vari “no” senza sensi di colpa. Poi più si va avanti, per fortuna un po’ si spostano i valori, pure se piacere è sempre una soddisfazione. Ma il vero bello di una persona, donna o uomo che sia è spesso questione di personalità, più che di misure; la bellezza è comunque un valore, ma se c’è solo quella prima o poi ti vien voglia di passare da bellezza in bellezza, non tiene in eterno, ma nemmeno temporaneamente se è solo quella.
Da cosa trai invece questa sicurezza, a volte sfrontatezza, tu?
Forse perché non mi preoccupo troppo di piacere. Quando una cosa non la desideri è la volta che la puoi avere.
Forse perché non mi preoccupo troppo di piacere. Quando una cosa non la desideri è la volta che la puoi avere.
Ci sono cose delle quali non riesco ancora a parlare, quindi se non riesco parlarne, non riesco a parlarne nemmeno qui. Mi sembra coerente no? Cosa vuoi che siano le orge rispetto alla vita o la morte o i patimenti ?
Nella dicotomia santa o p. … in cui le donne finiscono sempre per essere poste o di qua o di là, tu non pensi che rappresentandoti come icona fetish finisci giusto in questa semplificazione. Da questo punto di vista mi sovvengono molti esempi di icone sexy che scandalizzano proprio perché parlano o fanno parte di un mondo in cui il sesso ha un certo peso e poi ad un certo punto della carriera diventano redente, perché in fondo l’opinione pubblica una volta scandalizzata va poi tranquillizzata e quindi la donna deve tornare nei parametri stabiliti per il suo ruolo. Esempi: Madonna fa scandalo grazie al sesso salvo poi a mezza età trasformarsi in una asceta, Claudia Koll, diventa famosa grazie a Tinto Brass, poi si dedica al volontariato e ad azioni umanitarie, la bad girl Asia Argento ha dichiarato alla festa del cinema di Roma che ha chiuso con questa immagine di sé fatta tutta di sesso e scandalo e che ora deve mostrare l’altra faccia di Asia. Insomma donne sempre angeli o diavoli.. la prossima redenta chi sarà? Paris Hilton? E Gisy che farà? fra qualche anno anche lei sarà pronta a rimangiarsi le foto sexy in nome di una moralità ritrovata?
Certo è logico che si finisce nel calderone dell’equivoco, è inevitabile. Ma è una cecità legata all’assenza di una vera conoscenza, non posso preoccuparmi delle pigrizie altrui sennò farei altro. Non credo che un giorno rinnegherò quello che ho fatto fotograficamente, non mi sembrano problemi seri. Al mondo ci sono i problemi di chi non ha problemi e i problemi veri, io non mi occupo dei primi. Fare foto è stata un’esigenza sia di esibizionismo sia economica; un giorno smetterò l’attività di modella, sennò si diventa la caricatura di se stessi, a meno che non si sia consapevoli di voler essere la caricatura di se stessi; ma non significa mettere al rogo il passato, almeno non quello legato alle foto. Qualche altra cosuccia magari sì, al rogo ce la metterei, pure qualche persona.
Quali sono le idee per i prossimi libri in cantiere, stesso tema o temi diversi?
Ho finito da due settimane il nuovo romanzo. Questo è un romanzo a tutti gli effetti, non c’è sesso, così chi vuol parlare male potrà parlare male senza tirare in ballo il sesso; parla della cattiveria umana, centrato sulle vicende provinciali venete, che accadono nell’ambito di una famiglia dagli anni 40 agli anni 90; una famiglia che un po’ alla volta si disgrega, il tutto centrato sul figlio di questi due genitori contadini che diventerà un missionario sadico. E’ tutt’altro genere. Non uscirà per Castelvecchi. Ma mi sa che passerà un po’ prima dell’uscita. Purtroppo.
Scrivere un libro erotico, che parla di sesso anche in maniera spinta che tipo di sensazioni ha provocato in chi ti vive accanto? Come l’hanno accolto? Il tuo compagno, tua madre, i tuoi amici?
I miei amici sapevano già più o meno tutto; quando non erano gli stessi protagonisti quello che gli raccontavo era quello che poi ho scritto quindi si sono magari divertiti a vedere scritto quello che già sapevano… alcuni episodi magari gli erano sfuggiti, ma l’han presa bene, si sono sentiti inorgogliti, anche i vari protagonisti! Il mio compagno? beh è stato felice per me a vedere tanto interessa da parte degli editori, poi del resto l’avevo scritto prima che ci mettessimo assieme, lui è un po’ più timido di me, anche più pudico - ma l’ha presa bene… Mia madre, beh cosa vuoi era felice di vedermi in tv, dopo che ha disprezzato la mia depressione, aveva un motivo (secondo lei) per potersi vantare.
C’è da questo punto di vista in Emilia una libertà maggiore che non in Veneto dove sicuramente qualche additamento l’avrebbe provocato?
Di sicuro! Guarda caso le regioni in proporzione in cui il libro è andato per la maggiore son state Veneto e Sicilia! Vorrà pur dire qualcosa no?! Poi in Emilia, c’è un fervore culturale differente, scrittori veneti ce n’è pochi, (per non dire scrittrici) poi pure Meneghello è morto. Resta il grande Rigoni Stern e pochi altri! In Emilia tiri un sasso rischi di colpire uno scrittore. Se non fossi venuta in Emilia forse nemmeno io avrei mai scritto; chissà… Qui è una cosa più o meno normale, là no! Tanto che pure a vederti in televisione nel paesino di Vicenza ti guardano come un ufo – che chissà cosa hai fatto per arrivare fino là… ma chissà proprio… ;)
Perché le donne scrivono di sesso, è come per i maschi guardare i giornaletti porno?
I giornali porno e i film dello stesso genere li guardo anch’io, meglio se amatoriali. Le donne che scrivono di sesso, vengono accolte più volentieri dagli editori che pensano ad un riscontro commerciale maggiore, perciò si vedono più donne che scrivono di sesso rispetto ad uomini sullo stesso argomento. Gli uomini si mettono anche molto meno in discussione sulla sessualità, le donne sono molto più elastiche. Lo vedi mai un uomo prendersi in giro sul sesso? Io molto raramente. Poveretti, sono loro che hanno l’invidia del pene, a tutte le età però.
Posi per foto, ma fai anche foto, la foto della copertina de “La ragazza definitiva” è tua, da cosa nasce e come hai coltivato questa passione?
La fotografia mi è sempre piaciuta, purché ci sia un elemento antropomorfo, tanto meglio se è il soggetto è una donna; dei paesaggi non è che me ne freghi molto - vorrei anch’io lavorare con delle modelle, ma per il momento non ho i mezzi, quindi lavoro anche su me stessa che è la cosa più immediata anche se con gli autoscatti, come è il caso della copertina del libro c’è un’autonomia di prospettiva ridotta.
Hai un sito con foto, artwork, scritti, interviste, che ne pensi delle possibilità che danno le nuove tecnologie ed i nuovi mezzi di comunicazione come la rete? Il tuo blog è molto visitato? che tipo di riscontri hai in tal senso?
Il sito è ben visitato per essere un sito personale, ho cominciato 4 anni fa, a tenerci dietro senza troppa fretta, ad aggiornarlo con i miei interessi e intervistando chi mi sembrava interessante o anche per nulla interessante per veder le risposte di chi ritengo per nulla interessante, è un’altra forma di conoscenza. Nel blog ci sono gli affezionati che leggono sempre e questo mi fa un gran piacere, poi qualche cattiveria ogni tanto, normale, tu poi parlare di qualunque argomento e va bene; ma le cattiverie arrivano quando scrivi che stai per far pubblicare qualcosa, forse perché il fare di qualcuno evidenzia il non fare di qualcun altro, ma è un problema loro. Non c’è molta differenza in questo senso tra i ragazzini spillosi, e i professorini-poeti frustati. Alcuni mi scrivono per Piero Ciampi, di poesia, molti per le foto, per il fetish le loro confessioni…
Ti interessi di politica e che ne pensi dell’antipolitica in questo paese, e dei politici, ti è capitato di avere a che fare con questo mondo?
Non me ne è mai fregato nulla della politica. E non voglio averci a che fare. E’ tutto un gioco tra di loro, auto-referenziale, i problemi della gente sono un motivo di discussione che i potenti usano per avere ragione l’uno sull’altro, più che interessarsi concretamente alla realtà dei cittadini. Se davvero gli fregasse dei cittadini ci sarebbe la tv che abbiamo oggi, la Defilippizzazione del paese, il marcio del marcio? Su dài la tv è politica, e siam messi molto male. Io non ho tendenze politiche particolari Però devo dire che questo governo fa pena, e noi ne paghiamo i giorni da troppo tempo. Una bella pacca di Pol Pot a certi signori farebbe solo bene mi sa.
Nel libro parli di giornalisti che per farti partecipare ad un premio letterario offrono la loro amicizia che dovrebbe portare come corrispettivo da parte della protagonista una certa elasticità ed interscambio, in questo caso quanto c’era di autobiografico?
È la pura verità, un oltre-anziano partecipante alla giuria di un premio letterario mi ha proposto di andarci a letto per favorirmi nella votazione di giuria. Non avevo nemmeno intenzione di andare a quel premio, ma lui non ha esitato ad essere generoso nelle sue proposte. Ha concluso il tutto con la frase “figa a parte hai talento”. Bella soddisfazione essere donna.
Sei stata intervistata da Vanity Fair, hai partecipato alle Invasioni Barbariche e al Maurizio Costanzo Show. Proprio in quest’ultima occasione, ho visto il video su myspace, il tuo romanzo è stato definito come il racconto di un’iniziazione ad esperienze fetish. Leggendo il libro per la verità, le scene di sesso descritte nei dettagli ci son tutte ed anche con l’armamentario fetish, ma c’è anche la ricerca di scrivere e di descrivere gli stati d’animo che appartengono ad ognuno di noi, le debolezze, i vuoti che si cerca di riempire. Da Costanzo non è che tali aspetti son granché emersi, il libro è stato inscatolato in una definizione, ci si è fermati agli aspetti più scabrosi del testo senza peraltro rilevare l’ironia nella descrizione degli stessi che è presente nella tua scrittura. Credi che sia positivo partecipare a tali rappresentazioni, alla fine vale sempre il motto non importa come, ma l’importante è che se ne parli? Ti colpisce questo aspetto o poco ti interessa e credi che alla fine arrivare a presentare il libro sia importante di per sé al di là delle etichette che gli son state affibbiate?
Ma figurati se quelli leggono il libro, prendono due frasi a caso, magari già indicate dai loro servetti e poi si puntano su quelle. E’ il dramma del dover parlare solo di ciò che idealmente fa scandalo – quello scandalo legato poi agli stereotipi. Avevo già rifiutato varie trasmissione televisive e detto no già una volta allo stesso Costanzo la settimana precedente di quella messa in onda. La volta prima voleva infilarmi in mezzo a varie coppie gay, parlando anche delle mie esperienze omosessuali. Ma fanno sempre di tutto per renderti morboso o squallido, quando proprio il fatto che di sesso se ne parli liberamente può essere l’esatto contrario. Dipende dal contesto, e quello non è proprio quello adatto. Mi son sentita un po’ usata a dire il vero, ma era da mettere in conto e mi aspettavo esattamente, se non peggio, quello che è capitato - non mi sentivo di dire di No una seconda volta, per non fare un torto all’editore più che altro, che ha creduto davvero molto nel mio libro. Alla serata con la Bignardi ero molto agitata, avrei preferito farla più avanti quell’intervista, il libro addirittura doveva ancora uscire. Lei è stata molto elegante, intelligente, dal vivo è sia molto più bella che più simpatica di come appare in tv. Il più simpatico finora è stato Gene Gnocchi. Con Chiambretti proprio non ci siamo invece. Purtroppo come già dicevo il fatto dell’etichetta è inevitabile, ma una persona la si deve poi guardare e seguire nel lungo termine…
Come mai sei così interessata al mondo delle pin-up anni cinquanta, una passione che ti accomuna a starlette d’oggi come Dita Von Teese, l’ex ragazza di Marylin Manson, che ama il burlesque e riproduce nei suoi spettacoli di spogliarellista quelle atmosfere, o a cantanti come Amy Winehouse, altra bad girl odierna, ma appunto per te da cosa nasce questa passione? E faresti mai spettacoli di spogliarello come quelli di Dita?
La pin-up è la mia rappresentazione del femminile preferita. Mi piace come tipo di donna, a me piacciono le donne femminili, e quale donna, più donna come modello ci può essere di quella legata all’iconografia degli anni ’50? Per gli spogliarelli, sì forse li farei in scenografie adeguate - ne ho fatti alcuni alla fiera del fumetto a Napoli anni fa, non so se ora avrei la stessa abilità di allora, ma mi ero divertita a lanciare i collant sul pubblico.